Glen Cook

Cronache della Compagnia Nera
I Libri del Nord

Ed. Mondadori 2021 (Chronicles of the Black Company 2008)

 

Il Capitano e il Tenente. Ma anche Cerusico, Guercio, Goblin, Elmo, Strozzino, Silente e tutti gli altri. È così che sono noti i mercenari della Compagnia Nera, l'ultima delle Compagnie Libere. Uomini duri, pronti a tutto; fanno ciò che devono fare, incassano la paga. Fine. Non si chiedono chi sia a ingaggiarli, o perché. Se hanno scrupoli, li seppelliscono in fretta, assieme ai cadaveri delle loro vittime.Ma poi succede qualcosa. Sogni premonitori. Voci di antiche profezie. C'è una via di salvezza, forse persino per i feroci soldati della Compagnia Nera. Sempre che riescano a sopravvivere.Usciti tra 1984 e 1985, i primi tre romanzi della saga della Compagnia Nera sono un'opera di culto nel mondo anglosassone. Con la sua scrittura stratificata, materica, cruenta ma anche pervasa da una vena di umorismo nero, Glen Cook ha segnato un punto di svolta nella storia del fantasy, imboccando una di quelle strade da cui non si torna indietro.

Come detto anche nella presentazione, si tratta di tre romanzi scritti tra il 1984 e il 1985, ma riuniti in un unico volume più di recente, e questa edizione italiana copia anche nella copertina l'edizione comulativa di Gollantz del 2008.
In realtà avevo già presentato questi tre romanzi che avevo letto nella versione originale quasi dieci anni fa: The Black Company.
Faccio una eccezione alla regola di non riparlare di una rilettura di edizione italiana di un romanzo già presentato in versione originale per alcune ragioni che ritengo meritevoli per questa violazione della regola.
Prima di tutto ho cambiato molto la mia opinione su questi romanzi (l'avevo già cambiata prima di leggere questa versione, essendomi reso conto del ruolo che questa serie aveva avuto nell'ispirazione di altri grandi autori e quindi della sua importanza nella storia del fantasy) ma sopratutto perché leggendola in una versione resa splendidamente da un traduttore che sa il fatto suo (grazie, Stefano Cresti), ho potuto superare alcuni dei problemi che avevo evidenziato nel mio primo commento.
La serie comprende al momento 10 romanzi, più uno spin-off e qualche racconto, ragruppati in alcuni sottogruppi che rappresentano ognuno una narrazione quasi autoconclusiva. Il primo di questi sottogruppi è rappresentato da questi tre romanzi (anche se lo spin-off, Port of Shadows, si inserisce proprio in questo capitolo narrativo). I titoli originali di questi tre romanzi sono The Black Company, Shadow Linger e The White Rose e compongono il trittico dei Libri del Nord, con una conclusione della vicenda abbastanza soddisfacente.
Il primo, e più evidente, contrasto con la mia prima impressione è la mia precedente critica che mancasse di sufficientemente importanza l'aspetto militare, la descrizione diretta di scontri fisici tra reparti armati su cui la Black Company aveva apparentemente basato la propria fama. Ma in questa rilettura ho apprezzato di più una delle affermazioni che si ripetono spesso nella narrazione: per una compagnia mercenaria lo scontro fisico è l'ultima risorsa. Certo, quando falliti gli altri mezzi ed è necessario lo scontro, questo deve essere fatto al meglio possibile, ma se è evitabile, è meglio. Questo aspetto ha ovviamente una logica inoppugnabile, e rivalutandolo ho capito meglio anche la ritrosia a porre l'aspetto di violenza come quello predominante. Una compagnia di mercenari ha interesse a vincere, ma possibilmente senza rischiare troppo la vita dei propri componenti.
Capito questo, si capisce molto meglio il comportamento generale della Black Company, e in particolare del suo cronista, che essendo anche il medico, ha ancora di più ben evidente l'interesse ad evitare perdite umane. E che quando necessario sia anche lui disposto ad esporsi personalmente esprime perfettamente la logica di una tale comunità di umani. Per cui sì, è vero che la maggior parte degli scontri militari (ma non tutti) sono descritti a posteriori, in una sostanziale cronaca narrativa, ma in questa lettura la cosa mi è sembrata molto più naturale, più coerente con l'impostazione generale della storia.
Un altro aspetto su cui vorrei dire due parole è la struttura della magia. Qui la magia c'è, in modo molto evidente, ma non è mai spiegata, è una capacità che qualcuno ha, e non si sa perché. Non si sa nemmeno davvero come faccia ad usarla, e anche i suoi limiti sono ignoti. Sicuramente esiste una gerarchia di potenza, ma le ragioni delle differenze rimangono ignote. Siamo abbastanza vicini agli aspetti magici della Sword & Sorcery, ma lontani dalla magia accennata e quasi mai evidente di Ambercrombie, le cui storie vivono nella paura della magia ma ne fanno ampiamente a meno, o della sua mancanza quasi totale in Martin, a parte i draghi e il potere del fuoco. Ed abissalmente lontani dalla magia dettagliata, pesata, scientifica di Sanderson.
Anche in questo aspetto è quindi evidente il suo ruolo di apripista, di iniziatore, di autore cui molti dei suoi sucessori si sono ispirati e da cui hanno poi evoluto e sviluppato un intero sottogenere, quello del Grimdark.
Ora, molto soddisfatto di questa lettura, aspetto i seguiti, che però, se ritardano troppo, sarò costretto a leggere in originale,e nonostante l'esperienza non completamente positiva di questo precedente, lo farò sicuramente.

 

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