Il Dottorato di Ricerca, un problema italiano

Michele Castellano
(01/11/2005)

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Il Dottorato di Ricerca e’ stato introdotto in Italia con una legge del 1980, ed ha avuto concreto avvio nel 1983. L’obiettivo era la creazione anche in Italia del terzo livello di istruzione universitaria, equivalente al PhD (Philosophiae Doctor) di origine anglosassone e diffuso ormai in tutta Europa.

Purtroppo l’iniziativa, pregevole strategicamente, e’ partita zoppa per almeno due fondamentali motivi.

Da un lato la struttura della Laurea tradizionale e’ rimasta immutata, con la sua durata tipicamente maggiore dei pari livelli degli altri paesi, ed il suo significato ben radicato nell’opinione generale, mentre il Dottorato di Ricerca si e’ semplicemente aggiunto. Il fallimento, nella pratica, dei Diplomi di Laurea, che dovevano rappresentare il primo e piu’ breve livello di istruzione universitaria e’ dovuto alla stessa ragione.

Inoltre, il non aver richiesto, o per lo meno privilegiato, il Dottorato per l’accesso alle professioni, gli ha tolto gran parte del suo possibile ruolo nel mondo del lavoro. Essendo praticamente ignorato nel mondo professionale, il Dottorato e’ diventato quindi un titolo di puro significato accademico, esplicitamente valutato e richiesto solo come propedeutico alla carriera universitaria o alla ricerca.

Questi aspetti hanno di fatto conservato alla Laurea tradizionale tutto il suo ruolo precedente, rimanendo l’unico titolo di studio universitario con un significato reale ben riconosciuto da tutti. Questo fatto ha poi condizionato la natura stessa del Dottorato che, con le ovvie e grandi differenze tra facolta’ e facolta’, tra materia e materia, e poi, con l’autonomia universitaria, anche tra una sede l’altra, si e’ ridotto spesso ad una continuazione della tesi di laurea e un percorso obbligato per l’accesso al mondo della ricerca. Mi riferisco in particolare ai Dottorati delle materie scientifiche, di cui ho diretta conoscenza, perche’ nelle materie umanistiche e professionali, in cui gli accessi ai livelli superiori sono sicuramente meglio presidiati da interessi diversi, spesso il Dottorato diviene un mezzo di puro sfruttamento di lavoro semigratuito, un supporto non legale all’attivita’ didattica, un modo di guadagnare un pugnetto di euro di fronte al nulla assoluto che una laurea del tipo di lettere, sociologia o affini puo’ offrire a chi non ha la sua strada gia’ pianificata dalla famiglia. Nelle professioni e’ semplicemente l’apprendistato, pagato dallo stato, necessario per essere cooptato, con gli stessi fenomeni di dipendenza di cui sopra, in cui l’apprendimento e lo sviluppo di una capacita’ di lavoro autonomo e’ un’accadimeno casuale.

Nelle materie scientifiche, la “accademizzazione” del Dottorato di Ricerca ha avuto pesanti ripercussioni sulla sua stessa struttura. Due sono gli aspetti che piu’ risaltano: il primo e’ che si e’ abdicato quasi completamente a farne un livello culturalmente piu’ elevato della laurea, poiche’ i corsi di insegnamento aggiuntivi sono normalmente pochi, troppo generici perche’ dedicati a persone con interessi diversi e poca voglia e poco tempo per voler accrescere la propria cultura in settori diversi da quello in cui si sentono ormai inseriti, e spesso malfatti, perche’ corsi fatti a titolo gratuito da persone che non ne hanno molto interesse o coincidenti con corsi specialistici del corso di laurea, con poca corrispondenza tra la capacita’ di apprendimento degli studenti e il livello del corso.

Il secondo aspetto deriva dal fatto stesso che vi e’ un concorso selettivo di ingresso, e si ottiene, nella maggior parte dei casi, una borsa di studio per frequentare il Dottorato. Questo e’ un elemento che favorisce l’atteggiamento di lotta tra i dottorandi per l’inserimento nel mondo della ricerca, con tutte le ovvie conseguenze di cura piu’ dei risultati pratici, in termini di pubblicazioni o titoli equivalenti, o di scelta dei filoni e dei docenti piu’ “promettenti”, che di interesse a migliorare la propria preparazione.

Anche l’esistenza della borsa di studio si e’ pero’ evoluta nel corso del tempo sotto la spinta di interesi particolari. Inizialmente si potevano concedere un numero di posti di Dottorato limitato dal numero di borse di studio assegnate ad ogni facolta’ e da queste ad ogni materia. Sui criteri di questa assegnazione tornero’ piu’ in la’, ma voglio fare una digressione che coinvolge molte situazioni al di fuori del Dottorato di Ricerca. La selezione dei pochi eletti tra le moltissime domande avveniva, e tutt’ora avviene, con il classico meccanismo del tutto italiano del “concorso generalista”. Cioe’ un concorso dove si dovrebbero selezionare “i migliori” in mezzo al mucchio, senza precisare mai, se possibile, migliori a fare che cosa, mentre dovrebbe essere conoscenza generale che una persona capace piu’ di altri a fare una certa cosa, non necessariamente risultera’ il migliore per farne un’altra. In termini piu’ banali, ma che purtroppo sono termini concreti, per fare un esempio, un aspirante dottorando che vuole fare un’attivita’ sperimentale non e’ giudicabile migliore o peggiore, in nessun ragionevole modo, rispetto ad uno che vuole svolgere una ricerca teorica, perche’ sono troppo diversi i termini di confronto. Per fare una scelta va definito a priori se si vuole un teorico od uno sperimentale. E questo e’ solo un esempio eclatante, ma molte altre sono le differenze che dividono le attivita’ delle persone della ricerca, ed il “migliore” si puo’ trovare solo se si precisa con assoluta accuratezza la specializzazione su cui si vuole fare la selezione. Un concorso non perfettamente definito nel dettaglio dei suoi obiettivi, che se vuole almeno essere onesto deve mantenersi su argomenti estremamente generali e di base, non seleziona assolutamente il migliore a fare una cosa precisa. Ma questo e’ un problema generale della societa’ italiana, dovuta alla sostanziale matrice cattolica che ne pervade la sua burocrazia, per cui non vi devono mai essere precise responsabilita’ individuali nelle azioni di ogni persona, e l’unico modo per concretizzare questo rifiuto di responsabilita’ e’ il demandare la decisione ad una anonima commissione di concorso, teoricamente, ma non praticamente, neutra, i cui risultati non saranno mai responsabilita’ personale di alcuno.

Tornando al Dottorato di Ricerca, la distribuzione delle borse di studio era fatta alle facolta’ sostanzialmente in modo proporzionale al numero degli studenti, se pur con qualche decisa correzione, e da queste alle singole materie secondo il consolidato rapporto di forze all’interno di ogni facolta’. Questa logica ha comportato, e comporta tutt’ora, nonostante le variazioni di cui parlero’ dopo, un gran numero di posti di dottorato in facolta’, come quelle letterarie, in cui l’assorbimento accademico era bassissimo, ed assolutamente nullo quello al di fuori. Spesso il dottorato di ricerca diventava cosi’ un modo per ritardare l’arrivo ufficiale della disoccupazione ed il raggiungimento del titolo spesso di poca importanza.

Questa situazione non poteva risultare soddisfacente in ambienti, come le facolta’ scientifiche, in cui sono presenti attivita’ esterne ma fortemente collegate all’universita’ e molto interessate ad avere studenti di dottorato su argomenti scientifici ben precisati. Parlo sopratutto degli enti nazionali di ricerca, quali il CNR, INFN, ENEA ed altri, ma anche, in alcune realta’ piu’ avanzate, di industrie private che hanno convenienza a veder preparare, ad un costo tutto sommato molto modesto, persone di alta qualificazione su argomenti di proprio interesse. Il risultato e’ stato che si e’ introdotto il meccanismo delle borse di studio “sponsorizzate”, cioe’ pagate da enti esterni per svolgere un lavoro di ricerca su un tema preciso, ma sempre gestite, come assegnazione e tutoraggio, dall’universita’. Pur essendo in realta’ considerate un poco “di serie B”, queste borse sono state estremamente utili, perche’ spesso erano la diretta anticamera per un lavoro successivo, anche se non sono mancati usi abbastanza impropri di questa possibilita’, e cioe’ persone pagate per svolgere un’attivita’ di ricerca tesa al raggiungimento di un titolo di studio, e di fatto impiegate in un vero e proprio lavoro. Il controllo dell’Universita’ non sempre e’ attento, e non sempre e’ disinteressato.

Piu’ recentemente le facolta’ sono state autorizzate a bandire un numero di posti di Dottorato prive della borsa di studio in numero non superiore a quelle con la borsa. La richiesta di posti di Dottorato senza borsa di studio derivava dal fatto che spesso si avevano a disposizione fondi da provenienza diversa, Contratti di Ricerca, Comunita’ Europea etc, non prevedibili a priori e assegnati troppo tardi per poter ottenere l’apertura di una borsa, procedura abbastanza lunga e molto anticipata rispetto all’uso effettivo del denaro. Quindi l’obiettivo era di riuscire comunque a dare una borsa a tutti, magari solo con un poco di ritardo per qualcuno.

Purtroppo l’ecessiva generosita’ del provvedimento, che ha di fatto raddoppiato i posti di Dottorato, insieme alla totale “deregulation” che impera nei contratti di lavoro a tempo definito, ha fatto si’ che spesso alcuni si accontentino di cifre anche inferiori a quella gia’ ridicola della borsa di studio ufficiale, e magari per una frazione del tempo del dottorato. E’ comunque difficile che uno studente svolga l’intero ciclo del tutto gratuitamente, anche se qualche esempio c’e’, e pure nelle facolta’ scientifiche.

Negli ultimissimi anni si e’ avuto pero’ una specie di collasso, dovuto sostanzialmente a due fattori, non del tutto indipendenti: da un lato vi e’ stato il crollo verticale delle iscrizioni alle facolta’ scientifiche, iniziato alcuni anni fa, che sta facendo ormai vedere i suoi effetti sul numero di laureati, tanto che molte universita’ hanno introdotto diverse forme di incentivazione per l’iscrizione a corsi di laurea scientifici. In questa situazione il numero di posti di Dottorato risulta a volte addirittura ecessivo, anche perche’ ormai si sta riducendo anche quello che sembrava una inossidabile costante, e cioe’ il numero di studenti molto bravi e con passione naturale per la scienza. Un po’ per la tendenza generale, su cui ritornero’, ed un po’ per l’effetto ormai inarrestabile del degrado culturale medio della scuola superiore.

D’altra parte l’attuale governo Berlusconi, con sucessivi e sempre piu’ drastici interventi, ha completamente bloccato l’accesso dei giovani alla ricerca, se non con contratti a tempo definito che, nel corso di questo ultimo quinquiennio, si sono accumulati senza alcuna speranza di uno sbocco di qualche genere, e che sono stati anch’essi duramente limitati ultimamente. Chi ha potuto si e’ rivolto a fonti di finanziamento esterne, come la Comunita’ Europea, ma in ogni caso i contratti a tempo definito prima o poi scadono, e non possono essere rinnovati. In assenza totale di possibilita’ di inserimento nell’unico sbocco possibile per i Dottori di Ricerca, l’Universita’ o gli Enti di Ricerca, la situazione non e’ nemmeno piu’ tragica, e’ semplicemente ridicola, ed infatti ci sarebbe solo da ridere, se non fosse che abbiamo gia’ perso un’intera generazione, e ci avviamo a perdere anche la seconda.

A questa situazione accademica ormai incancrenita, si aggiunge la continuazione, sempre in senso peggiorativo, della considerazione che i piu’ alti livelli di istruzione scientifica trovano nel mondo del lavoro privato. Paradossalmente, il possedere un titolo di Dottore di Ricerca e’ considerato un pericolo, in quanto potrebbe essere la ragione di future richieste normative e stipendiali superiori, per cui la tendenza media e’ di escludere questo livello, oltre al fatto che chi lo ha e’ almeno di tre anni piu’ vecchio di chi ha solo una laurea, tanto che ormai molte persone che cercano disperatamente un lavoro, nascondono di possedere tale titolo.

Non e’ quindi un caso che agli ultimi concorsi per l’accesso alla SSIS (Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario), un’altra invenzione della mafia pedagogica che ormai controlla l’insegnamento nelle scuole italiane, e che e’ utile ricordare comporta la frequenza (a pagamento) di due anni di corsi e tirocini per accedere all’abilitazione all’insegnamento nelle scuole superiori, si siano iscritti un gran numero di persone che hanno il titolo di Dottore di Ricerca e molti di loro anche diversi anni di Assegni di Ricerca Post Doc. Si tratta dell’elite intellettuale scientifica italiana, e deve sottomettersi, con un minimo vantaggio di punteggio, alla farsa di un concorso e di due anni di corsi in cui degli incompetenti sostanziali dovrebbero insegnare loro come insegnare la materia che conoscono molto probabilmente meglio dei loro docenti.

Se non e’ farsa questa non so cosa altro lo possa essere.

Per concludere, il riassunto della situazione e’ il seguente:

l’accesso al Dottorato di Ricerca non e’ ormai molto difficile, visto il gran numero di posti rispetto al numero di persone che possono accedervi, anche se non sempre e’ garantito nemmeno il livello di retribuzione della borsa ufficiale, che e’ gia’ uno schiaffo all’intelligenza di chi la prende. Le possibilita’ di inserimento nel mondo del lavoro sono scarsissime, come sempre, e a livelli normativi e retributivi che non sono degni di un manovale senza qualificazione. Infatti non sono molto diversi da quel livello retributivo. Il mondo universitario e della ricerca e’ attualmente assolutamente sbarrato da leggi degne dell’intelligenza degli esponenti dell’attuale governo.

Nonostante si faccia un gran parlare dell’esigenza di sviluppare la ricerca scientifica per sfuggire alla concorrenza dei paesi in via di sviluppo, si sta procedendo esattamente nella direzione opposta.

Se si vuole veramente fare uscire l’Italia da questa spirale negativa, bisogna invece incominciare a pagare molto di piu’ chiunque si occupi di innovazione, purche’ selezionato non da un concorso, cui nessuno crede piu’, ma dai suoi risultati precedenti, o dai risultati di chi si assume la responsabilita’, in prima persona, della sua assunzione.

Stipendi piu’ alti ai piu’ bravi dovrebbe anche rimettere in moto il meccanismo per cui i piu’ bravi ricomincino a considerare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie un mondo che non e’ solo piacevole, ma da’ anche da vivere decentemente.

Forse si riuscirebbe anche a far tornare la scuola, quella pubblica, di tutti, ai livelli di non troppi anni fa, e non considerare un inevitabile destino il fatto che l’istruzione media debba essere scadente, mentre un’istruzione superiore si puo’ solo avere in scuole di elite, tipicamente private.

Ma quest’ultimo e’ un discorso diverso, che merita il suo spazio indipendente.

 

Molte informazioni possono essere ricavate dal sito dei Dottorandi di Ricerca, ricco di documenti e links a siti opportuni.

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