Panini al Kamut e Segale Integrale
(22/05/2012)
Quello che presento qui è il risultato di un esperimento, anzi di un esperimento multiplo. L'obiettivo principale era quello di fare del buon pane con una alta idratazione. "Alta idratazione" ovviamente non significa niente... ma intendevo "maggiore di quanto sia stato capace di fare fin'ora". Però volevo sperimentare due cose, per cercare di ovviare a dei problemi incontrati nel passato. La prima era l'autolisi di parte della farina, cioè il lasciarla in idratazione, senza altro elemento aggiunto, per un certo periodo di tempo. Come ho detto nei capitoli sulle tecniche, gli effetti dell'acqua sulla farina sono molti e complessi. In letteratura si trova detto piuttosto spesso che l'autolisi aiuta sia nell'impasto che nello sviluppo dello stesso durante la lievitazione. Credo molto sia dovuto alla scissione dell'amido in zuccheri più semplici, che aiutano il lavoro dei lieviti. Ma bisogna anche fare attenzione a non eccedere per non favorire la proteolisi, cioè la scissione delle proteine in amminoacidi semplici, che favorisce la digeribilità dell'impasto ma indebolisce la struttura glutinica. Problema complesso, ma volevo provare.
La seconda cosa che volevo sperimentare era la lievitazione finale in un contenitore delle dimensioni giuste. L'uso di impasti molto idratati e morbidi ha come controindicazione, e l'ho dolorosamente verificato di persona, che durante la lievitazione finale il panetto, per quanto ben formato con piege e avvolgimenti, tende naturalmente a "spanciarsi", per cui cresce più lateralmente che verticalmente, con il risultato che in cottura si ottiene inevitabilmente una specie di ciabatta. Nel passato ho usato diversi trucchi "di contenimento" per forme particolari, ma ho visto che professionalmente si usano delle ciotole o dei cestini, e allora volevo provare anche io. Purtroppo al momento disponevo solo di ciotole di plastica adatte a contenere dei panini, per cui, nonostante questa pezzatura sia stata sempre il mio punto debole, ho deciso di provare con questi.
La scelta dell'impasto è stata dovuta al caso e al cercare di usare farine che sapevo in grado di assorbire bene l'acqua, e quindi il Kamut, che è praticamente un grano duro, e la Segale Integrale Marino, che sapevo particolarmente ingorda di acqua.
Volevo partire con un tranquillo 65% di idratazione, ma appena iniziato l'impasto ho visto che potevo aumentarlo senza problemi, e ho finito per arrivare al 72%. Questa la ricetta.
La Biga preparata il giorno prima:

100 gr Manitoba Marino
100 gr Manitoba America Spadoni
120 gr di acqua Sant'Anna
1 gr di lievito di birra fresco

Impasto velocemente con la foglia e pongo l'impasto in una ciotola coperta da pellicola trasparente

La metto subito in frigorifero fino al mattino seguente (12 ore), poi la tengo a temperatura ambiente (23 ºC) per 7 ore, quando si presenta così

Preparo allora l'impasto finale composto da:

la Biga
100 gr di farina 0
100 gr di farina di Kamut
100 gr di farina di Segale Integrale Marino
235 gr di acqua Sant'Anna
2 gr di lievito di birra fresco
13 gr di sale

Faccio l'autolisi di parte della farina mettendo la farina 0 e il Kamut nell'impastatrice con 150 gr di acqua e mescolando brevemente con la foglia. Quando farina e acqua si sono amalgamate, spengo e lascio riposare per 30 minuti.
A quel punto aggiungo 50 gr di acqua in cui ho sciolto il lievito con 3 gr di zucchero e la Segale Integrale. Impasto a bassa velocità fino a che l'impasto si stacca completamente dalle pareti. Aggiungo il sale e la rimanente acqua, monto il gancio e incomincio l'impastatura finale, a velocità sostenuta con punte ad alta velocità. Quando tutto l'impasto è sul gancio lascio ancora a velocità moderata per un paio di minuti, poi verso l'impasto sul marmo infarinato e faccio un certo numero di pieghe, fino ad avere una palla omogenea e non appiccicaticcia, anche se molto morbida che metto nella ciotola coperta da pellicola trasparente.

Lascio riposare per 45 minuti, quando è diventata così

La porto sul marmo e l'infarino leggermente

La divido in quattro parti

Con ogni parte formo un panino arrotolando più volte i bordi all'interno e sigillando alla fine la base

Spennello leggermente la parte superiore del panino con acqua e lo passo su uno strato di semi di papavero messi in un piattino

Metto poi il panino a testa in giù, con quindi la parte sigillata per aria, in una ciotola con un poco di carta da forno all'interno

Ecco tutti i quattro panini pronti

Copro con un panno e lascio lievitare per 45 minuti, dopo i quali si presentano così

e questo è il panino capovolto e liberato dalla carta

Data la morbidezza dell'impasto, una volta estratti dalle ciotole i panini tendono a "spanciarsi" un poco

Con il bisturi effettuo sui panini due profondi tagli a croce

Nel frattempo avevo riscaldato il forno a 250 ºC con la pietra refrattaria in posizione intermedia e una ciotola d'acqua sul fondo. Inforno tenendo questa temperatura per 10 minuti, poi abbasso a 210 ºC per altri 35 minuti.
Il risultato è questo

e questo è l'interno di due dei panini

Conclusioni

Onestamente è il miglior risultato che abbia mai ottenuto a questo momento, e non solo nel formato dei panini, mia classica bestia nera, ma proprio in assoluto.
Le fotografie, probabilmente per l'illuminazione non professionale, non rendono completo merito alla struttura della mollica, ampia e leggera, proiettata verso l'alto. L'espansione verticale, nonostante lo "spanciamento" avuto prima di essere infornati, è probabilmente la caratteristica più evidente di questi panini, e dipende sia dal tipo di formazione che dallo sviluppo in ciotola e suo ribaltamento finale. Ma è sicuramente è l'alta idratazione dell'impasto e la sua morbidetta che lo ha permesso. La crosta è croccante ma abbastanza sottile, ad indicare che qualche minuto di più di cottura sarebbero stati ancora possibili.
Nel il sapore domina quello della segale, perchè questa farina di Marino ha veramente un sapore deciso, e riesce a lasciare un poco in ombra anche il Kamut, che si avverte solo come sottofondo. I semi di papavero che si sono tostati sulla superfice contribuiscono all'aroma deciso e rustico di questi panini.
Un risultato che inseguivo da tempo ma che mi sfuggiva sempre. Ora devo trovare il modo di replicarlo anche per altre tipologie di pane.

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