Kim Stanley Robinson

New York 2140

Ed. Orbit 2017

 

As the sea levels rose, every street became a canal. Every skyscraper an island. For the residents of one apartment building in Madison Square, however, New York in the year 2140 is far from a drowned city.
There is the market trader, who finds opportunities where others find trouble. There is the detective, whose work will never disappear --- along with the lawyers, of course.
There is the internet star, beloved by millions for her airship adventures, and the building's manager, quietly respected for his attention to detail. Then there are two boys who don't live there, but have no other home-- and who are more important to its future than anyone might imagine.
Lastly there are the coders, temporary residents on the roof, whose disappearance triggers a sequence of events that threatens the existence of all-- and even the long-hidden foundations on which the city rests.

Kim Stanley Robinson è uno scrittore con cui ho uno strano rapporto, perché quando finisco di leggere un suo romanzo sento una specie di saturazione, e devo non pensare più a lui per un tempo non breve. Ma poi torno ad essere attirato dalle sue tematiche, dalla sua visione molto realistica ma tutto sommato ottimistica del futuro di questa nostra società, dalla sua razionalità di ragionamento, e quindi torno a leggerlo. Ma così, per tenere il passo con le sue pubblicazioni, ne ho dovuto saltare più di una. Questa volta però dopo 2312 non ho letto Aurora, anche se spero di riuscire a farlo presto, e sono passato direttamente alla sua ultima opera New York 2140 (in realtà c'è stato anche Shaman, che però è un romanzo sul passato, e non sul futuro).
Nella mia recensione di 2312 ho ampiamente parlato di Kim Stanley Robinson e dei suoi romanzi precedenti che ho letto, e rimando quindi a quella pagina chiunque voglia conoscere meglio l'autore e la mia opinione su di lui. Trattandosi poi di una recensione, e non di un semplice invito alla lettura come questo, sono stato più completo nel giudizio. Qui mi voglio limitare a questo specifico romanzo.
Tra la serie di romanzi che Robinson ha dedicato al nostro futuro, e sono la maggioranza tra quelli da lui scritti, questo New York 2140 è quello al momento più vicino al nostro tempo. La New York semisommersa che vi è rappresentata si era già vista in 2312, anche se in modo un po' diverso, perché Robinson con i suoi romanzi non descrive una storia dell'umanità coerente tra un romanzo e l'altro, ma sono visioni diverse dello stesso futuro con le sue diverse possibilità di sviluppo, una specie di realtà parallele anche se con moltissimi aspetti comuni.
Come sempre nei suoi romanzi, Robinson privilegia l'ambientazione, la descrizione del mondo più o meno vasto, gli effetti dell'uomo sul mondo stesso, rispetto alle storie dei suoi personaggi, che pure ci sono sempre. Questa volta però questo è un poco meno vero, in parte perché l'ambientazione è particolarmente ristretta alla sola città di New York, anche se Amelia, star dello spettacolo della rete globale, nei suoi viaggi in dirigibile per salvare gli animali in pericolo di estinzione allarga un poco la visuale al di fuori della città, ma è comunque poca cosa, e in parte perché questa volta i personaggi hanno un ruolo un poco più importante. Quali dei due aspetti predomini è perlopiù una sensibilità personale.
I personaggi seguiti in questa vicenda sono tutti inquilini/proprietari/azionisti di un grosso grattacielo in Madison Square, e seguendo la loro vita quotidiana si viene a conoscenza della situazione della città e, parzialmente, del resto del mondo. Robinson introduce anche un anonimo personaggio, un cittadino qualunque, attraverso i cui sfoghi riesce a dare al lettore informazioni generali che sarebbe stato difficile far conoscere altrimenti.
Lo scenario che viene presentato è davvero drammatico: dopo due periodi di rapido scioglimento dei ghiacci polari, a distanza di poche decine di anni, con notevole innalzamento dei livelli marini, la maggior parte delle città costiere dell'intera terra è in parte o completamente sommersa, con conseguente iniziale blocco delle possibilità di traffico commerciale via mare. Ne conseguono problemi di approvvigionamento alimentare per larghe parti della popolazione, e un ampio numero di decessi oltre a quelli diretti dovuti alla perdita di zone abitabili e conseguenti disordini sociali.

Quella che il romanzo presenta, partendo dall'anno 2140, è una New York che dopo un fallito tentativo di creare uno sbarramento di dighe per proteggere l'intera città dall'innalzamento di livello marino, fallimento ovviamente improvviso con molte vittime, è ora una città in un certo equilibrio precario. Una larga parte dei suoi quartieri periferici è allagato con una profondità di acqua di circa 15 metri. Il suo vero cuore, l'isola di Manhattan, vede tutta la sua parte meridionale sistematicamente allagata, con una parte settentrionale che rimane emersa. La parte centrale è invece soggetta alle ampie maree atlantiche, con un ciclo di sei ore tra emersione ed allagamento. Tutti gli edifici con fondamenta non fissate alla base rocciosa sono stati erosi dalle acque e sono caduti, ma molti sono ancora in pericolo, e ogni tanto qualcuno crolla. Lo sviluppo di nuovi materiali sulla spinta della necessità ha fatto nascere zone di supergrattacieli nella parte continentale solida, ma ha anche permesso la connessione dell'intera città con passaggi aerei tra un grattacielo e l'altro ad altezza variabile. La mobilità cittadina è ormai completamente acquatica, con linee pubbliche, taxi e barche private. Ogni edificio della zona allagata ha una darsena interna per lo stoccaggio delle barche dei residenti, e l'intero sistema sociale, dai ristoranti ai bar, è basato sulle possibilità di ormeggio. La descrizione della società che è emersa da questi drammi, che vive ancora sul limite di un possibile disastro, ma che cerca in ogni caso di rimanere attaccata alla vecchia concezione di metropoli centro del mondo è estremamente gradevole, e anche le considerazioni ambientali che ne conseguono, che sono tipiche di Robinson, danno consistenza al romanzo.
Alla descrizione della vita normale dei vari personaggi che permette la comprensione dell'ambiente, si aggiunge ovviamente l'elemento di conflitto che determina la storia che viene raccontata. In questo caso l'obiettivo di Robinson è davvero molto ambizioso perché, partendo da una descrizione del mercato finanziario e dei suoi limiti/problemi e conseguenze sulla media della popolazione, costruisce una trama narrativa che mi sembra molto buona ed efficiente, ed arriva ad attuare un sovvertimento pacifico e civile dell'intero sistema capitalistico che è sostanzialmente come lo conosciamo noi oggi con solo alcune ragionevolissime estrapolazioni.
Quello che ne risulta è un romanzo molto leggibile, senza le eccessive lentezze dei suoi romanzi precedenti, ma a mio parere non completamente soddisfacente.
Incomincio dagli aspetti positivi. Come già detto, lo scenario complessivo, seppure sostanzialmente limitato ad una città con poche informazioni sul resto del pianeta, è davvero all'altezza della fama di Robinson. La società che si è sviluppata in questa città allagata che cerca ancora di essere quella che era è davvero affascinante, con i grandi grattacieli diventati delle specie di città feudali, con grandi sforzi per aumentare la propria autosufficienza in termini energetici ed alimentari, con lo sviluppo di una microsocietà comune. L'effetto dell'eccesso di finanziarizzazione dell'economia, che già vediamo ampiamente oggi, è molto ben rappresentato, e la necessità di una reazione diventa abbastanza ovvia nell'estremizzazione della vicenda. I personaggi sono molto ben costruiti ed agiscono in modo coerente al loro essere, anche se c'è da chiedersi quale è la probabilità che un insieme di persone di questo genere capiti di condividere l'abitazione in un singolo grattacielo di New York, famoso ed importante, ma non più di molti altri equivalenti, rendendo fin troppo evidente il necessario espediente narrativo.
Ma qui stiamo già scivolando verso gli aspetti negativi, che onestamente non sono pochi. A incominciare dai capitoli dedicati agli sfoghi del cittadino anonimo, che posso capire siano utili per far conoscere aspetti generali che i veri personaggi seguiti non avrebbero mai potuto presentare, e così Robinson ha evitato paginate del Narratore Onnisciente, ma rimangono degli incisi estranei alla narrazione e tutto sommato un po' irritanti. Nonostante questi, la comprensione di cosa è successo alla popolazione terrestre al di fuori di New York è piuttosto limitata, e Robinson risulta questa volta piuttosto debole proprio nell'aspetto che lo aveva sempre caratterizzato: la visione globale, lo scenario generale. Ma il punto che secondo me lascia di più a desiderare è il superamento buonista del sistema di capitalismo finanziario dominante. L'idea che quei pochi superricchi che possiedono praticamente l'intera ricchezza terrestre, e quindi anche di fatto buona parte della sua popolazione, possano farsi spodestare completamente e "democraticamente" da un pacifico movimento popolare di "sciopero del debito" senza reagire usando tutta la violenza possibile, diretta e indiretta, non è un'idea semplicistica, è semplicemente stupida. Nemmeno un americano convinto di vivere in un paese democratico può arrivare a pensare una cosa del genere.
In conclusione, si tratta di un buon romanzo, con alcuni personaggi davvero ottimi, ma non è certo il migliore di Kim Stanley Robinson, e con un finale che a volerlo definire ottimista si pecca di buonismo.

 

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