Alessandro Girola

I Robot di Lamarmora
I Mecha di Napoleone III

Kindle Edition 2013

 

1864: Un'astronave colonia degli alieni Nekton è naufragata sulla Terra nel cuore dell'Impero Austriaco.
Lontani anni luce dal loro pianeta, i Nekton hanno scelto di allearsi con gli Asburgo, ricevendo ospitalità in cambio di tecnologia. Grazie a questo patto, gli Austriaci dispongono ora di mostri guerrieri, di carri corazzati e di altre prodigiose armi con cui sfidare il mondo.
Ma non tutti i Nekton hanno accettato la decisione del loro Ammiraglio.
Una minoranza di alieni, ritenendo tare strategia contraria alle direttive della missione, ha chiesto asilo politico nel vicino Regno d'Italia.
La dote che questi disertori hanno portato con sè è quella dei Giganti: enormi automi pilotabili dagli esseri umani, unico baluardo contro le preponderanti forze nemiche.

 

Primavera del 1871. Infuria la guerra Franco-Prussiana. I mostri-guerrieri al seguito degli eserciti germanici sono sempre più forti, più grandi e più resistenti.
Ad essi Napoleone III, Imperatore di Francia, contrappone i Titani, robot alti cinquanta metri, pilotati da ufficiali dell'Armée de terre e da genieri italiani dell'Armata Giganti.
Sullo sfondo del conflitto ci sono le due fazioni di Nekton, gli alieni naufragati anni prima sulla Terra, e divisi da profonde divergene politiche e morali.
Mentre sul fronte della Lorena fa la sua comparsa il più letale mostro al servizio degli austro-prussiani, il Tarrasque, tra Francia e Italia si studia un disperato piano per ribaltare le sorti della guerra.

Questo invito alla tettura di un romanzo di fantascienza o fantasy è un invito molto particolare. Rappresenta il compimento del decimo anno di questa rubrica mensile, che significa che ho finora presentato circa 120 romanzi invitando alla loro lettura con motivazioni molto varie, a volte oggettive e a volte personali, e non mi sembra affatto una cosa di poco conto.
Forse avrei dovuto festeggiare questa ricorrenza, che sarà probabilmente unica dato che vedo molto difficile arrivare a toccare il limite dei venti anni, con la presentazione di un romanzo di un autore universalmente acclamato, magari nella sua versione originale, nella speranza che possa anche essere tradotto in italiano.
Invece no.
Ho deciso di dedicare questo momento per me molto felice e significativo ad un aspetto molto spesso troppo trascurato della letteratura del fantastico italiana: gli autopubblicati.
Come avevo detto qualche tempo fa sul mio blog, il fenomeno dell'autopubblicazione presenta aspetti positivi mescolati ad una enorme massa di aspetti negativi. La libertà permessa da questa nuova pratica genera la possibilità di leggere ottimi lavori, e quasi sempre a prezzi molto bassi, che difficilmente le scelte molto limitate delle Case Editrici ufficiali permetterebbero di vedere in libreria, ma purtroppo causa anche un'invasione di opere di basso o bassissimo livello che rendono molto difficile la possibilità di individuare i romanzi che vale davvero la pena di leggere.
Rimane solo la soluzione di affidarsi a recensioni da parte di persone credibili, che hanno dimostrato di saper giudicare con onestà e con una certa chiarezza di metodo altri romanzi, cioè il classico "passa parola".
Senza particolari presunzioni, ma sulla base della storia di questa ora ormai decennale rubrica, provo per la prima volta a consigliare la lettura di un paio di racconti autopubblicati che credo valgano davvero il loro costo, molto limitato, ed il tempo necessario alla loro lettura.
Alessandro Girola è un autore molto prolifico, e molti dei suoi racconti sono disponibili gratuitamente sul suo blog. La sua scelta di autopubblicarsi è fortemente meditata e ha fondate considerazioni ideologiche, che potrete sempre trovare descritte sul suo blog.
Grazie alla gratuità di alcune delle sue opere, avevo iniziato a seguirlo qualche tempo fa, partendo da una serie di racconti ucronici sul periodo seccessivo alla prima guerra mondiale vinta dagli "imperi centrali" grazie ad un'arma segreta, dei combattenti di forza sovraumana, ottenuti dall'assemblaggio di parti di cadaveri. Non voglio discutere di questi racconti, ma invito a leggere una recensione che condivido completamente.
Alcuni dei difetti notati in quella recensione sono ancora presenti nel primo racconto che presento qui, e credo che questo dimostri con tutta l'evidenza possibile uno dei più grossi problemi dell'autopubblicazione: la difficoltà di avere accesso ad un editing professionale. Anche quando il problema è ben chiaro nella testa dell'autore, come è sicuramente il caso per Girola, l'accesso ad una professionalità adeguata può essere difficile, e non sempre la lettura critica di un amico, per quanto preparato, può davvero equivalere al lavoro di un professionista.
A mio parere, l'inizio de I Robot di Lamarmora è un miscuglio di scene descritte e di antefatto raccontato che non risulta molto equilibrato, con il raccontato che predomina troppo ed impedisce di immedesimarsi subito nella vicenda. Senza avere una soluzione pronta per il problema, sono però sicuro che con qualche attenzione si sarebbe potuto introdurre il lettore nella storia in modo più diretto, permettendogli di conoscere poco alla volta gli antefatti senza dover interrompere l'azione in modo così evidente. Al di là dei possibili gusti personali, a me l'inizio del racconto mi ha lasciato qualche perplessità, e penso di essere un lettore attento, ma non ipersensibile.
Un secondo problema di questo primo episodio della saga è l'uso saltuario, non costante, di un linguaggio ottocentesco. Capisco che Girola volesse scrivere qualcosa che sia anche definibile Steampunk, e sottolineare un poco il periodo storico di svolgimento, capisco anche che se l'azione si svolge in un ottocento seppur alternativo il linguaggio ne debba tener conto. Ma credo che questo debba significare l'uso dei nomi, delle conoscenze, della comprensione del mondo stesso, non della struttura sintattica della narrazione, che è fatta oggi per lettori di oggi, incapaci di riconoscersi in un linguaggio che il Girola stesso non è in grado di gestire più di tanto. Per cui a me risulta fastidioso il tentativo di emulare una certa struttura arcaica di linguaggio, specialmente se avviene a sprazzi discontinui. Poiché questo aspetto è molto minore, se non del tutto assente, nel romanzo seguente, mi fa pensare che anche Girola probabilmente se ne sia reso conto.
Ma arriviamo al contenuto di questi racconti, parte di un progetto più ampio, chiamato Risorgimento di Tenebra, che si propone di scrive racconti horror o di fantascienza ambientati in quel periodo storico e che convolge diversi autori. Il primo racconto di questi che presento, I Robot di Lamarmora, è sostanzialmente un "racconto lungo", con tutte le implicazioni che ciò comporta: trama abbastanza ridotta, pochi personaggi descritti con una certa accuratezza, ed azione limitata ad una singola linea di sviluppo.
La trama non ha molta originalità ed è una grossa raccolta di riferimenti, riconosciuti dallo stesso autore, a Tourtledove (la serie di Invasione) e ai tanti cartoni giapponesi di robottoni, che dovevano aver allietato l'infanzia di Girola, mentre io ne ho avuto un breve contatto nell'infanzia di mia figlia. Un'astronave aliena, che voleva istallare una sede di osservazione sulla Luna, per un'avaria è costretta a scendere sulla Terra e rimane bloccata qui. Il comandante dell'astronave decide di rivolgersi all'Impero Austriaco per aiutarlo a conquistare l'Europa, fornendo competenze tecniche ma sopratutto dei mostri biologici combattenti sviluppati a partire da animali terrestri. Una frazione minoritaria dell'equipaggio, ritenendo questa decisione contraria agli scopi originali della missione, decide di ribellarsi e si trasferisce nel giovane Regno d'Italia, aiutando il suo sforzo bellico attraverso l'uso di giganteschi robot metallici, la cui efficienza è però limitata dalla tecnologia terrestre necessaria per la loro costruzione. Il racconto segue di fatto solo il personaggio principale, senza praticamente elementi di "conflitto" a parte alcuni problemi personali del personaggio stesso non sviluppati particolarmente bene. L'azione si svolge abbastanza linearmente e le scene di azione sono descritte con uno stile che si richiama moltissimo agli scontri dei robottoni giapponesi. Una trama quindi senza troppa originalità, come già osservato, ma ben svolta, anche se con tutti i difetti evidenziati in precedenza. Preso da solo, I Robot di Lamarmora sarebbero una lettura gradevole ma non più di tanto.
Con la seconda parte, I Mecha di Napoleone III, il discorso cambia abbondantemente. Prima di tutto si tratta di un romanzo breve, quindi con molto più respiro potenziale rispetto ad un racconto, vantaggio che è opportunamente sfruttato. Poi lo stile di scrittura è decisamente migliorato, molto più maturo, con un migliore collegamento tra dialoghi e narrazione, anche se credo che su questo aspetto ci sia ancora parecchio da migliorare. Appaiono più personaggi di cui viene seguita la storia, e che sono anche diversi punti di vista da cui gli avvenimenti vengono osservati e capiti. Il loro sviluppo psicologico è ancora un poco rozzo, perché Girola sembra avere qualche difficoltà a sviluppare le personalità dei personaggi che segue, in parte per la necessità di mentenere il racconto in limiti dimensionali prestabiliti, e in parte perché sembra sempre privilegiare l'azione alle ragioni dell'azione stessa. Non è sempre così, ovviamente, e almeno due personaggi sono ben descritti, Lena Lie, esperta francese mandata a pilotare uno dei Giganti italiani in una missione comune quasi suicida ma assolutamente determinante per lo sviluppo dello scontro generale, ma specialmente il Conte De Leur, unico personaggio ad avere una vera caratterizzazione a tutto tondo, sempre però nei limiti di un romanzo breve. La visione del conflitto si allarga allo scontro franco-tedesco e si arricchisce di particolari, ma il panorama generale degli eventi storici rimane in ogni caso molto parziale e frammentario, che non è un pregio per un romanzo ucronico.
Il vero problema mi sembra essere, al di là della difficoltà di Girola di presentare al lettore gli aspetti generali attraverso le azioni e le considerazioni dei personaggi specifici di cui segue la storia, cosa che indubbiamente cerca di fare, ma senza un successo completo, sta nella limitatezza della dimensione del racconto. Rendere chiaro, nelle sue infinite sfumature, un mondo ucronico come quello immaginato dal Girola richiede spazio narrativo, analisi di molti personaggi diversi, dettagli personali e generali... insomma, servirebbe un vero romanzo di dimensione adeguata.
In conclusione, la lettura di questi due racconti lascia una buona sensazione, per le idee che vengono presentate, per lo scenario di storia alternativa in cui la vicenda si svolge, per il ragionevole livello di scrittura. Questo dimostra che nell'affollatissimo mondo degli autopubblicati si può trovare anche qualcosa di più che decente, di lettura piacevole ed interessante.
I problemi principali degli autopubblicati mi sembrano essenzialmente due: ci sono troppi che credono di saper scrivere e riempiono l'universo intero di emerite schifezze, che non possono nemmeno essere considerate brutte scritture, senza idee e senza stile, e senza avere idea di cosa significa scrivere una storia. Riuscire a pescare le cose buone nel mare delle schifezze è il problema maggiore, e al momento non esiste una soluzione semplice, perché anche il passa parola, in presenza di una ampia rete di elogi reciproci tra autori, è di scarsa efficacia.
Anche i buoni autori soffrono in maniera evidente di una carenza di editing professionale. Non sto parlando della correzione dei refusi o dei banali errori, ma di una seria guida allo sviluppo corretto della storia, alla sua efficacia narrativa, alla sua logica complessiva. E' purtroppo vero che un buon lavoro di editing è ormai difficile da ottenere anche dai grossi editori, perché probabilmente diventa un costo eccessivo per i volumi di vendita italiani, ma una mancanza totale si sente. Non è l'aiuto occasionale di un amico che è disponibile ad una lettura preventiva che risolve il problema, per cui forse alla mancanza di qualità si può far fronte con la quantità, e se molti lettori dessere un ragionevole feed-back, forse gli autori riuscirebbero a capire meglio dove e come migliorare i loro prodotti.
Nel frattempo si possono leggere questi racconti di Alessandro Girola con ragionevole piacere, specialmente visto il loro costo.

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