Django Wexler

I Mille Nomi

Ed. Fanucci (2014) (The Thousand Names 2013)

 

La sonnolenta quotidianità in cui il capitano Marcus d’Ivoire e il suo piccolo esercito sono risucchiati, rassegnati a finire i propri giorni in un remoto avamposto, è stravolta dallo scoppio di una ribellione ai margini dell’impero Vordanai, che li costringerà alla dura prova della difesa di una fortezza ai margini del deserto.
Winter Ihernglass si è arruolata nell’esercito fingendosi un uomo, con il solo scopo di sfuggire al suo passato. Coraggio e determinazione non le mancano, e insieme alla sua umanità le faranno ottenere in breve una promozione a luogotenente.
I destini di questi due soldati e dei loro uomini dipendono dal colonnello Janus bet Vhalnich, il prescelto dal re per riprendere in mano le redini di una guerra che sembra perduta e per ristabilire l’ordine. Il suo genio militare sembra non conoscere limiti, sotto il suo comando si assiste a un rovesciamento delle sorti. Marcus e Winter credono nel loro capo e sono pronti a seguirlo fino alla fine. La loro fedeltà sarà messa alla prova solo quando cominceranno a sospettare che le ambizioni dell’enigmatico colonnello vanno ben al di là del campo di battaglia, fino al regno del sovrannaturale...

Un autore non proprio esordiente ma quasi, e un romanzo che potrebbe essere definito musket&sorcery, se non fosse un neologismo davvero orribile. Che poi non sia proprio una novità, come ad alcuni lettori appare, basterebbe ricordare Le Cronache di Corus, di L.E. Modesitt Jr, anche se questa trilogia non ha ricevuto molta notorietà. Ma di romanzi fantasy che non si svolgono solo in scenari medioevaleggianti usando spade, archi e picche ce ne sono diversi, per cui questo I Mille Nomi non è una innovazione sotto questo aspetto. Fucili ad avancarica e cannoni sono le armi principali in questo romanzo, e lo svolgimento delle battaglie, la preparazione degli eserciti, il loro addestramento ne sono ovviamente fortemente condizionati, dando corpo ad uno degli aspetti del romanzo, quello squisitamente militare, che che più si avvicina a Le Cronache di Corus.
C'è poi l'aspetto "magico", che da questo primo volume (dei cinque previsti dall'autore, e speriamo non faccia come Martin) non è ancora molto chiaro. Le varie religioni che si combattono e si intersecano, con i loro dei e i loro poteri, risultano ancora più miti antichi che poteri reali, anche se molto potere già si vede.
I personaggi sono mediamente ben descritti, con alcune ma poche esagerazioni, anche quando il cadere nello stereotipo o nel caricaturale poteva essere facile. Marcus d'Ivoire è effettivamente una specie di monolite emozionale, con la flessibilità di un tronco d'albero secco, ma così sembra lo vuole davvero l'autore. Winter è onestamente una delle esagerazioni, e bisogna fare un grosso sforzo di "sospensione dell'incredulità" per accettare che un mascheramento del genere possa veramente funzionare come descritto, mentre invece molti dei comprimari sono particolarmente ben caratterizzati e del tutto credibili. Rimane Janus bet Vhalnich, il colonnello, che fino alla fine rimane avvolto nell'alone di mistero con cui si era presentato sulla scena degli avvenimenti. Spero Wexler sappia sviluppare il personaggio in modo adeguato nel seguito.
Anche l'ambientazione è buona: una specie di Egitto napoleonico senza il Mar Rosso e decisamente meno popolato. Le scene di azione nel deserto sono tra le meglio riuscite del romanzo, e in generale Wexler si dimostra competente delle tecniche di guerra con quel tipo di armi e anche capace di descriverne lo svolgimento con molta efficacia.
In conclusione, un buon inizio per una serie che si presenta come piuttosto lunga, con la speranza che il seguito sia magari anche meglio, sviluppando in modo interessante i tanti aspetti rimasti non chiariti, ed aggiungendone ovviamente altri non ancora conosciuti.

PS - Nel frattempo è stato pubblicato anche nella traduzione italiana il seguito: Il Trono Ombra

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