Fritz Leiber

Il Grande Tempo

ed. Nord 1975 (The Big Time-1958)

Il Grande Tempo è uno dei più strani e affascinanti romanzi di fantascienza moderni. Alla sua pubblicazione, la XVII Convention mondiale di Science-Fiction gli assegnò il premio Hugo per il miglior romanzo dell'anno. Il concetto su cui si basa è grandioso: una guerra di viaggiatori nel tempo, che si muovono nel passato e nel futuro, mescolandosi alle battaglie di tutte le epoche, lungo un arco di miliardi di anni. Gli stessi protagonisti provengono dai tempi e dai luoghi più disparati, e per alcuni di loro il corso stesso della storia è diverso dal nostro: il comandante tedesco che proviene da un mondo dove il nazismo ha vinto la seconda guerra mondiale e il Reich si estende da Chicago agli Urali, il gentleman americano proveniente da un Sud che non ha conosciuto la guerra di secessione.
Strappati alle loro « linee di vita» poco prima della morte, e reclutati per combattere contro un avversario che vuole cambiare il corso della storia su tutti i mondi della Galassia, i protagonisti entrano in una nuova dimensione di vita, dove più nulla può essere certo, e dove la loro stessa vita è sottoposta a forze cosmiche che continuano a plasmarla e ad alterarla senza fine.
Un romanzo insolito ed estremamente originale, che fin dal suo apparire è stato salutato come un classico della fantascienza.

Per inaugurare il 2011 era abbastanza scontato che dovessi ricorrere a qualche classico, anche se ormai introvabile, perchè le ultime uscite nel settore Fantasy (Farlander, il secondo volume dei Mistborn) per varie ragioni, ma sopratutto perchè sono delle serie non ancora concluse, non hanno superato il criterio di selezione per questa rubrica, e la Fantascienza non si pubblica più in Italia (a parte Urania, che però pubblica anche tanta immondizia e ha ripreso una pratica abominevole).
Dovendo essere un classico, mi sono accorto di non aver mai consigliato la lettura di
Fritz Leiber, nè nella sua versione fantastica nè in quella fantascientifica. Io non ho mai amato molto la sword and sorcery, nemmeno quando è scritta con l'intelligenza e l'ironia delle avventure di Fafhrd and the Gray Mouser, e non mi piacciono le storie di horror. Quindi la scelta tra cosa presentare tra le opere di Leiber è stata facilmente ristretta a quelli che ritengo siano le sue opere maggiori di fantascienza: L'Alba delle Tenebre e questo Il Grande Tempo, dato che di Novilunio (The Wanderer) ne ho solo la versione originale e non avevo voglia di rileggerlo per questa presentazione.
L'Alba delle Tenebre è però dichiaratamente ispirato da
La Sesta Colonna di Heinlein, anche se ne capovolge completamente l'assunto ed è pieno dell'ironia tipica degli scritti di Leiber. Ne Il grande Tempo viene invece presentata un'idea sostanzialmente originale, una guerra tra due fazioni, i Ragni e i Serpenti (delle cui ragioni si viene a conoscere molto poco), che si svolge lungo tutto il tempo, con ognuna delle parti che cerca di modificare questo o quell'episodio della storia in modo da generare uno sviluppo che favorisca la propria fazione. L'idea di un'inerzia temporale, per cui la realtà si modifica solo nella minima parte necessaria ad accogliere la variazione, i cui effetti tendono quindi a svanire più o meno lentamente nel tempo in funzione della criticità della variazione introdotta, è forse l'elemento di maggiore forza del'idea di Leiber, che gli permette di immaginare un continuo tentativo di intervento su tanti eventi cruciali, che spesso non si dimostrano tali, e con variazioni parziali dello sviluppo della storia dell'umanità anche limitate a periodi non particolarmente estesi.
Leiber era figlio di due attori shakesperiani, e ha partecipato a sua volta, per qualche anno, alle recite della compagnia. Il suo senso teatrale si è concretizzato a volte anche nelle sue opere letterarie, e
Il Grande Tempo è una di queste, dato che la vicenda si svolge, come su un palcoscenico, in una stazione di riposo per chi agisce materialmente in operazioni di modifica della storia, i Soldati di questa guerra del cambio. Questa stazione è posta al di fuori del tempo normale, in mezzo al nulla ma sempre soggetta ai Venti del Cambio, che si propagano da ogni modifica della realtà, e la vicenda è raccontata da una delle persone, reclutate poco prima della loro morte naturale e ricostruite come entità capaci di muoversi nel Grande Tempo, al di fuori del tempo storico locale, per intrattenere e ricostruire psicologicamente i Soldati reduci dalle diverse operazioni. Il racconto sembra basato su un copione teatrale, e i personaggi agiscono come su un palcoscenico, con i dialoghi a rappresentare la base della storia, insieme ai pensieri e alle considerazioni del personaggio che rappresenta il punto di vista fisso.
La vicenda di per se stessa è quasi inessenziale, perchè il vero protagonista è lo scenario del conflitto infinito, di cui si capiscono tanti aspetti, specialmente gli effetti sulle persone che si trovano a collaborare pur proveniendo da linee di realtà molto diverse e spesso incompatibili l'una con l'altra, ma si ignoreranno sempre le vere ragioni, tanto che appartenere ad una fazione piuttosto che all'altra diventa quasi un fatto di fede.
Nei limiti delle dimensioni dei romanzi dell'epoca, costretti alla regola delle puntate su rivista,
Il Grande Tempo riesce a rendere molto bene la sensazione di estraniazione, di distacco dalla realtà vera che la Guerra del Cambio produce sui suoi partecipanti, e lo schema narrativo di Leiber, anche se ovviamente un po' statico per scelta, è comunque molto efficace nel rendere le emozioni dei diversi personaggi.
Un piccolo capolavoro che deve essere letto anche per capire l'origine di molte idee successive nel mondo fantascientifico.
Il volumetto della Nord che ho presentato è completato dal racconto
Non è affatto un Miracolo (No Great Magic - 1963) con gli stessi personaggi, ma in una funzione diversa, impegnati in una vera e propria recita durante un'azione della Guerra del Cambio e con un piccolo paradosso temporale. Un racconto che dimostra la competenza di Leiber in campo teatrale, ma senza particolari meriti narrativi.

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