China Miéville

Embassytown

ed Del Rey 2011

China Miéville doesn’t follow trends, he sets them. Relentlessly pushing his own boundaries as a writer—and in the process expanding the boundaries of the entire field—with Embassytown, Miéville has crafted an extraordinary novel that is not only a moving personal drama but a gripping adventure of alien contact and war.
In the far future, humans have colonized a distant planet, home to the enigmatic Ariekei, sentient beings famed for a language unique in the universe, one that only a few altered human ambassadors can speak.
Avice Benner Cho, a human colonist, has returned to Embassytown after years of deep-space adventure. She cannot speak the Ariekei tongue, but she is an indelible part of it, having long ago been made a figure of speech, a living simile in their language.
When distant political machinations deliver a new ambassador to Arieka, the fragile equilibrium between humans and aliens is violently upset. Catastrophe looms, and Avice is torn between competing loyalties—to a husband she no longer loves, to a system she no longer trusts, and to her place in a language she cannot speak yet speaks through her.

Dopo Perdido Street Station, La Città delle Navi e il Treno degli Dei torno a parlare di China Miéville, e lo faccio con quello che è il suo primo romanzo di fantascienza, mentre le sue opere precedenti possono essere classificate come New Weird. Tralasciando i romanzi per ragazzi, o young adults, tra i primi tre, che costituiscono la cosiddetta trilogia del Bas-Lag, e questo Embassytown ce ne sono stati altri due che non ho letto perchè le presentazioni delle trame non mi sembravano interessanti, e poi non si può leggere tutto. Si tratta di Kraken, non tradotto in Italia, e La Città & La Città, che ho e che forse leggerò in futuro.
Come avevo detto nelle mie presentazioni precedenti,
Miéville è un autore dalla fantasia straripante, sorprendente, capace di inventare mondi e personaggi completamente improbabili e contemporaneamente estremamente realistici, ma ha uno stile di scrittura poco scorrevole, piuttosto contorto, e riesce ad entrare con difficoltà nel vivo della vicenda, perdendosi inizialmente in descrizioni e discorsi introduttivi troppo lunghi. Non riesce cioè a "precipitare" il lettore nell'ambiente che vuole presentare, sicuramente strano e del tutto imprevedibile, in modo diretto attraverso l'azione esplicita di personaggi vividi che si muovano in modo comprensibile, e quindi anche esplicativo, in quella che è la loro realtà. Non siamo certo in presenza di poderosi rigurgiti di spiegazioni, di infodump, ma Miéville deve sempre dedicare molto tempo, in cui succede poco o niente, all'introduzione del suo nuovo mondo.
E' stato questo il caso con
Perdido Street Station, quello che ritengo sia ancora la sua opera migliore, e la pesantezza iniziale ha generato anche critiche negative, nonostante l'alta qualità complessiva del racconto. Dover sopportare un centinaio di pagine senza sostanzialmente azione, ma solo dedicate all'introduzione dei personaggi principali, per quanto strani e poco intuitivi, può forse essere accettato per Il Signore degli Anelli, anche se io ho dovuto iniziarlo tre volte ed è stata la visione del film che mi ha dato la forza di continuare, ma è difficile da accettare per un autore praticamente esordiente. Perdido Street Station non arriva sicuramente al livello di pesantezza iniziale de Il Signore degli Anelli, ma non è certo di facile approccio. Lo stesso difetto, anche se in forma più leggera, si ritrova nei due romanzi successivi della trilogia, nonostante ormai molti aspetti di quel mondo siano stati chiariti e l'impatto innovativo sia minore.
Anche quando la trama inizia finalmente a svilupparsi in modo soddisfacente,
Miéville non riesce a mantenere un ritmo narrativo continuo, ma ricade spesso in pause descrittive che interrompono l'azione troppo a lungo, irritano spesso il lettore perchè sono spesso divagazioni, pensieri secondari di qualche personaggio che sarebbero una ricchezza se accompagnassero collateralmente il continuo sviluppo della storia, ma non se la frantumano troppo. L'enorme fantasia, l'eccezionale qualità delle invenzioni, sia di ambientazione che dei personaggi, fa passare un po' in secondo piano questi difetti, che comunque sono evidenti.
Gli stessi problemi si ripresentano in pieno in questo
Embassytown, che si svolge in un mondo completamente nuovo ed estremamente complesso in cui la fantasia di Miéville, solo leggermente condizionata dalla struttura completamente fantascientifica che richiede una forte coerenza interna e una base scientifica chiara, è ancora l'aspetto decisamente più evidente. Riuscire a farsi catturare dalla trama, che non raggiunge mai livelli molto alti di tensione narrativa, richiede molte decine di pagine di lettura. Nel mio caso si è aggiunta la difficoltà di averlo letto in lingua originale, e la scrittura di Miéville non aiuta certo, da questo punto di vista. La presenza, inevitabile visto l'argomento, di molti neologismi ha reso il tutto ancora più complicato e la lettura più lenta.
Alla fine si arriva comunque ad una vicenda che si svolge, con qualcosa che succede, e
Miéville riesce ancora a sorprendere, presentando degli alieni che non saranno gli ibridi estremi di Perdido Street Station, ma sono sicuramente alieni, e in ogni senso. A cominciare da quello che sarà l'elemento centrale del romanzo: il linguaggio. Anzi, il Linguaggio, qualcosa di unico e irripetibile in tutto lo spazio conosciuto, un sistema di comunicazione basato su due suoni distinti ma contemporanei emessi da due bocche indipendenti, che nessun altro essere vivente "normale" è in grado di ripetere. Un Linguaggio capace di riferirsi solo a cose concrete, impossibilitato a costruire metafore, e che comporta l'incapacità di mentire da parte degli esseri che l'hanno sviluppato. Un umano normale può arrivare a capirlo, ma non a parlarlo, e solo speciali coppie di gemelli geneticamente modificati riescono a produrre quella particolare sovrapposizione di voci generata da una unica volontà che è il Linguaggio, e sono considerati gli "ambasciatori" nei riguardi dei nativi. Il pianeta dove l'azione si svolge, Arieka, e su cui l'umanità e altri pochi esponenti di razze diverse rappresentano solo un piccolo gruppo ospitato dagli autoctoni in un enclave della loro città principale, che è appunto la Embassytown del titolo, tenuti in vita da una atmosfera artificiale, perché quella naturale è mortale per tutti gli esterni, generata dalla biotecnologia estremamente raffinata degli Ariekei, è una colonia marginale di una ricca nazione, Bremen, su un pianeta colonizzato dagli umani. Nonostante la sua piccolezza e la difficoltà di navigazione in "immersione" necessaria per raggiungerla, Embassytown riveste una discreta importanza per due ragioni: rappresenta il punto di partenza per possibili espansioni umane in una zona di spazio sconosciuto e la biotecnologia ottenuta dai nativi è di estrema rilevanza economica. Il monopolio nella formazione degli "ambasciatori" garantisce anche alla piccola comunità una certa indipendenza politica. Ed è proprio per cercare di rompere questo monopolio che il governo di Bremen invia una nuova coppia di "ambasciatori" sviluppati con principi diversi, e la pacifica convivenza tra Ariekei ed umani diventa improvvisamente impossibile.
Come nei suoi romanzi precedenti,
Miéville non riesce a dare una completa giustificazione razionale delle sue invenzioni, e molto spesso deve lasciare qualcosa di inspiegato o spiegato male. Per un romanzo fantasy, e specialmente new-weird, questo non è del tutto negativo, dato che non ci si aspetta una completa razionalità negli effetti raccontati, anche se avvicinarcisi sarebbe in ogni caso meglio. Ma in un romanzo di fantascienza il difetto risulta evidente. Per quanto estremamente interessante sia il tema del linguaggio e dei suoi effetti sulla struttura del pensiero, questa romanzizzazione del problema lascia troppi aspetti oscuri, troppe conseguenze non sono giustificate a sufficienza. A partire dalla necessità degli "ambasciatori" fino all'effetto che crea il conflitto principale tra umani e Ariekei, gli effetti sembrano essere del tutto eccessivi rispetto alle cause.
E' un romanzo che sicuramente merita di essere letto, e per questo lo presento in questa rubrica, con personaggi ben descritti, emotivamente comprensibili, con le scene di azione accuratamente rappresentate, anche se la scelta del punto di vista fisso non aiuta a dare un panorama generale della vicenda. La fantasia dell'autore è poi avvertibile anche negli infiniti dettagli, oltre che nello schema generale della vicenda.
Ma se
Perdido Street Station, pur con tutti i suoi difetti, mi aveva conquistato completamente, questo Embassytown mi lascia piuttosto perplesso. Forse è meglio che Miéville si dedichi completamente al fantasy e lasci stare la fantascienza.

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