Neal Stephenson

L'Era del Diamante
Il Sussidiario Illustrato della giovinetta

ed. Shake 1997 (The Diamond Age: or, a Young Lady's Illustrated Primer - 1995)

Nella Shanghai del futuro, diventata un crogiolo ipertecnologico di razze e culture diverse, il geniale John Percival Hackworth ha infranto il rigorosissimo codice morale della sua tribù, quella dei potenti neovittoriani. Per regalarlo alla figlia e aumentarne le chance di successo, ha copiato illegalmente Il sussidiario illustrato della giovinetta, un rivoluzionario nanocomputer creato per l'educazione della nipote di un eccentrico duca. Sfortunatamente, il sussidario viene rubato e finisce nelle mani di una ragazzina dei bassifondi, Nell. Da quel momento, per lei, la vita cambia: giocando con la realtà virtuale del computer, Nell si trasformerà nella detentrice della chiave d'accesso a un gigantesco network sovversivo destinato a decodificare e riprogrammare il futuro dell'umanità.Tra sorprendenti innovazioni tecnologiche, complotti che affondano le loro radici nelle tradizioni dell'antica Cina, gruppi politici ultramoderni, post hacker e attori interattivi, si snoda un racconto avvicente ed ironico scritto dall'autore più profetico della fantascienza contemporanea.

Un romanzo scritto poco dopo Snow Crash, che gli aveva dato notorietà internazionale, e un romanzo che gli procurerà addirittura il Premio Hugo. A me è sembrato invece un piccolo passo indietro rispetto al precedente, e contemporaneamente una specie di presa di coscienza dei limiti tematici e formali del Cyberpunk, pur se ampiamente rivisitato, ma anche la base da cui prendere lo slancio per i suoi capolavori successivi, di alcuni dei quali ho parlato qui, qui e qui.
E' in ogni caso un romanzo estremamente interessante, in cui uno
Stephenson ancora giovane cerca di metterci troppi argomenti, e anche troppa sperimentazione, forse proprio grazie al successo di Snow Crash. Ma qui e là esagera, e l'opera non risulta equilibrata ed omogenea.
Apparsa in Italia in una edizione semiclandestina da parte di un editore minore, mi era del tutto sfuggito fin'ora.
E' anche un romanzo difficile da criticare, perchè presenta un numero sterminato di novità, ma pure un gran numero di punti deboli, perchè la fantasia di
Stephenson non è ancora per niente sotto controllo, e la sua ansia di stupire ancora troppo selvaggia. La stessa trama è difficile da riassumere, ed infatti le recensioni in rete sono estremamente scarne, più che altro una copia una dell'altra e senza che nessuna riesca a chiarire cosa il romanzo realmente propone. Esistono delle opinioni, con alcune basi di referenza in piccoli incisi nel secondo romanzo, che considerano L'Era del Diamante una proiezione nel futuro, di circa 80-100 anni, della società presentata in Snow Crash, come se Stephenson cercasse di prolungare nel tempo una precisa idea di sviluppo. A me non sembra che ci siano sufficienti connessioni tra i due romanzi, anche se indubbiamente, essendo entrambi la creazione di uno stesso autore, ne portano evidenti segni delle sue convinzioni di come potrebbe evolvere il nostro futuro.
Ma non credo che unire le due storie rappresenti un passo avanti nella loro comprensione, anzi, considerandole due estrapolazioni indipendenti della nostra società mi sembra ci si guadagni molto nella qualità dell'estrapolazione stessa.
Tornando al dettaglio di questo romanzo, bisogna incominciare a dire che il titolo italiano è sbagliato, perchè avrebbe dovuto essere L'Età del Diamante, per continuità della suddivisione storica della società umana in Età della Pietra, Età del Bronzo ed Età del Ferro, con l'Età del Diamante, della nanotecnologia, come naturale estensione. Ed è la nanotecnologia, arrivata al livello dell'assemblamento atomico, l'aspetto principale di questo romanzo. La capacità di ottenere qualunque cosa, qualunque oggetto o materiale partendo dall'assemblaggio delle singole strutture atomiche, con le materie prime, cioè i singoli atomi, riforniti in continuazione da un sistema di produzione atomica centralizzato è alla base di una società ricca e senza problemi economici. Anche se alla base di tutto c'è un problema completamente ignorato: quello energetico. Da dove venga e come sia prodotta l'enorme quantità di energia necessaria per questo processo nel romanzo non se ne fa menzione. Il problema è semplicemente ignorato, e questo è strano considerando la competenza scientifica dimostrata da Stephenson nei suoi romanzi successivi e la cura a quegli aspetti che lui pone. Ma ignorando il problema, l'assunto del romanzo si mantiene in piedi, e fornisce la descrizione di una società veramente particolare, in cui i vecchi stati nazione sono implosi per la perdita della capacità di tassazione derivata dalla totale libertà informatica e delle transizioni finanziarie, e sono invece diventati importanti i legami culturali e le regole di comportamento che hanno prodotto la nascita di gruppi sociali molto più coesi ed omogenei, piccoli ma saldi. Tutto però nell'ambito del controllo centralizzato delle risorse di base. Ma non tutto il mondo è coperto da questa distribuzione di risorse, e ad esempio in ampie parti della Cina continentale la desertificazione e la mancanza di acqua produce una forte spinta di ribellione. Come ho detto risulta evidente dalle descrizioni reperibili in rete, sempre parziali, molto semplificate e anche semplicistiche, riassumere questo romanzo è estremamente difficile, e non voglio nemmeno provarci. Mi limito a far osservare che il tema forse principale, quello che porta all'ideazione del Sussidiario Illustrato per Giovinette, destinato ad una giovane di una famiglia nobile e molto potente, e che sarà poi invece copiato in migliaia di esemplari, è che per riuscire a vivere una vita interessante in quella società bisogna sviluppare un senso di antagonismo, di reazione allo stato esistente, le cui conseguenze non sono quasi mai prevedibili. E' di fatto la vecchia storia, ma sempre concreta, dello scontro dialettico tra sviluppo e conservazione, osservata da un punto di vista molto originale ed interessante. Il romanzo è pieno di spunti di riflessione, spesso però mascherati dal linguaggio rutilante e dagli avvenimenti qualche volta al limite dell'irrealistico anche per un romanzo di fantascienza. Il finale è un po' debole, anzi direi che è proprio debole, come se
Stephenson si fosse trovato con troppa carne al fuoco e non abbia saputo trovare una convergenza logica soddisfacente per tutto, chiudendo in qualche modo la vicenda ma incapace di far veramente capire come si era chiusa.
Lo stile di scrittura è ancora lontano dalla maturità successiva, più vicino a quello di
Snow Crash e forse ancora più frenetico. La narrazione, tra la fiaba e il sogno onirico, non riesce a coinvolgere veramente in pieno il lettore, e non credo sia un effetto voluto.
In conclusione direi che è un buon romanzo, con punti di eccellenza ma anche con molti difetti. In tutti i casi una lettura dovuta e sicuramente piacevole.

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