Neal Stephenson

Anathem

ed. Rizzoli 2010 (Anathem-2008)

"L'ultima notte del 3689 sognai che qualcosa turbava fraa Orolo e che tutti se ne erano accorti, ma nessuno, per nessuna ragione, ne avrebbe parlato apertamente. Un mistero, dunque. Eppure tutti sapevano di cosa si trattava: i pianeti stavano deviando dal loro corso e l'orologio forniva indicazioni sbagliate. Infatti parte di esso era un planetario meccanico, un modello del sistema solare che mostrava la posizione attuale dei pianeti e di molte delle loro lune. Si trovava nel' nartece o vestibolo, tra il cancello diurno e la navata a settentrione. Aveva funzionato alla perfezione per trentaquattro secoli, ma adesso perdeva colpi; qualcosa era accaduto."
È l'anno 3689 e il pianeta Arbre vive un periodo di pace e serenità. Nel suo passato ci sono imperi, colpi di stato militari, gli Eventi Tragici e la Ricostituzione, il Primo, il Secondo e il Terzo Sacco, ma nei secoli è stato raggiunto un equilibrio. Gli scienziati, i matematici, i filosofi vivono chiusi nei loro "concenti", e si dedicano alla pura speculazione teorica senza avere nessun contatto con la tecnologia, che invece segna l'èsistenza del resto della popolazione: gli "extramuros", sottoposti al Potere Secolare. Ma qualcosa minaccia l'ordine perfetto di Arbre: lo dimostra l'espulsione dal concento di Saunt Edhar, al canto struggente dell 'Anatnem, del sapiente Orolo, che osservando il cielo ha scoperto un oggetto luminoso in avvicinamento. Sarà il suo allievo prediletto, il diciottenne fraa Erasmas, ad avere una parte cruciale nel dramma che sta per svolgersi su Arbre. E toccherà a lui, alla compagna Ala e agli altri novizi esplorare il mondo di fuori: sino ai confini più estremi.

Il mondo in cui è cresciuto il giovane Erasmas non esiste più. Tutto è cambiato nel corso delle avventure vissute nel primo volume della saga di Anathem. Non più la serena vita di studio e riflessione all' interno del concento, ma un viaggio fuori dalle mura, nelle terre governate dal Potere Secolare, verso l'evento più sconvolgente della storia millenaria del pianeta Arbre: il contatto con una civiltà aliena. I Geometri - così chiamati perché sulla loro astronave è disegnato il più famoso dei teoremi - non sono fisicamente molto diversi dagli arbriani, hanno elaborato, grazie ai loro sapienti, analoghe teorie sul tempo, lo spazio e gli universi paralleli, e soprattutto sono divisi dagli stessi conflitti che attraversano Arbre. La posta in gioco è una trattativa che dice salvezza o distruzione.
Stephenson ha scritto un romanzo che fa dimenticare al lettore ogni cosa, trascinandolo in un'apnea degna della grande letteratura d'avventura.
Di Neal Stephenson ho già parlato diverse volte: dal bellissimo Snow Crash alla complessa e culturalmente avvincente triologia di Fantasy storico-scientifica del Ciclo Barocco, di cui ho potuto commentare solo Argento Vivo e Confusione, perchè Rizzoli non ha mai pubblicato il terzo volume The System of the World. Pensavo che questa pessima abitudine di iniziare una serie che aveva avuto successo nella lingua originale e poi non completarla, magari perchè le aspettative di vendita non si sono concretizzate, o per difficoltà di traduzione, o per altre ragioni, fosse una prerogativa quasi esclusiva di Mondadori, di cui esistono infiniti esempi, di alcuni dei quali ho fatto cenno. Ma in questo caso ci si è messo anche Rizzoli, e ormai la mancanza del terzo volume sembra definitiva. Mi sono "procurato" una versione elettronica di The System of the World in inglese, e spero di riuscire a leggerla presto, in modo da poter dare un giudizio finalmente conclusivo di questa opera che mi aveva veramente conquistato nei suoi primi due volumi.
Anathem per fortuna è un volume unico, per cui non corriamo il rischio di non sapere come va a finire, ma Rizzoli ha in questo caso pensato bene di adeguarsi ad un'altra delle porcate editoriali ampiamente usate in casa Mondadori (vedi le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin) e Fanucci (vedi I Mercanti di Borgomago di Robin Hobb), cioè dividere in più volumi quello che era una unica storia in un unico volume. Mi è chiaro che ci possono essere varie ragioni per dividere in due parti un romanzo apparso nell'edizione originale in un singolo volume, ragioni che possono anche non essere solo di massimizzazione dei profitti, ma rimane il fatto che in questo caso, evitando la duplicazione dell'introduzione, del glossario e degli ammennicoli vari, riducendo significativamente i margini abnormi, usando caratteri normali, come nei volumi del Ciclo Barocco, si sarebbe ben potuto mantenere l'edizione in un volume, come è fatto ovunque nel mondo. Anche se a prezzo maggiorato, sarebbe sicuramente dovuto essere meno dei 32 € che è il costo dei due volumi attuali.

Tornando al romanzo, devo riconoscere che, nonostante mi sia piaciuto molto, non è una lettura facile, e per diverse ragioni. Per prima cosa il racconto contiene ampie discussioni su problemi scientifici e gnoseologici che possono sì essere lette da tutti, ma che possono essere capite completamente, ed apprezzate maggiormente, se si ha una conoscenza della storia della filosofia almeno a livello liceale. Per la parte scientifica c'è bisogno di qualcosa di più, come qualche moderno libro di divulgazione sulla meccanica quantistica e sulle teorie dell'universo. C'è poi il problema del linguaggio, dato che Arbre, il pianeta su cui si svolge la storia, non è la Terra, anche se è molto simile, e quindi piante, animali, oggetti, concetti, situazioni vengono presentate con una terminologia vicina, ma non uguale, alla nostra. E' un gioco sottile, questo, perchè spesso aiuta a capire, attraverso le assonanze e i paragoni, il vero significato di certi nomi e di certe azioni che ci sembrano tanto ovvie e naturali, ma sicuramente rende un poco più complessa la lettura e ha sicuramente posto molti problemi alla traduttrice, che non sempre si è mostrata all'altezza del compito. Sicuramente un romanzo pieno di richiami deformati o semplicemente allusivi a filosofi e scuole di filosofia, a concetti filosofici ma anche a teoremi scientifici, a proprietà quantistiche e cosmogoniche richiedeva una profonda cultura, scientifica e umanistica insieme, in entrambe le lingue. Cosa non facile da trovare. Come esempio riporto un breve brano originale e la sua traduzione nell'edizione italiana

The tangle had been invented way back before Cnoüs, by people who lived on the opposite side of the world from Ethras and Baz. Cob grew straight up out of the ground to the height of a man’s head and bore rich heads of particolored kernels late in the summer. In the meantime, it served as a trellis for climbing vines of podbeans that gave us protein while fixing nitrogen in the soil to nourish the cob.

Il glomero era stato inventato molto prima di Cnoüs da gente che viveva dalla parte opposta del mondo rispetto a Ethras e Baz. Il mais cresceva dritto dal terreno fino a raggiungere l'altezza della testa di un uomo e maturava in pannocchie cariche di grossi chicchi multicolori a fine estate. Intanto serviva da graticcio per piantine rampicanti di podbean che ci fornivano le proteine e al tempo stesso arricchivano il suolo di idrogeno, che a sua volta serviva per nutrire il mais.

A differenza di tante altre occasioni, in cui si usano parole italiane altrettanto inusuali di quella originale per riferirsi a qualche oggetto, in questo caso viene usata una parola latina, "glomero", per tradurre l'inglese "tangle" qui utilizzata ad indicare un orto composito, in cui diverse piante vengono fatte crescere assieme in modo simbiotico per massimizzare la produzione di cibo lungo l'intero anno. A me la soluzione è piaciuta. Poi però "cob" viene tradotto come "mais", mentre cob è la pannocchia, che può anche essere di mais, ma non solo. Se Stephenson avesse voluto dire esplicitamente il mais, avrebbe usato "maize" o "indian corn". Che poi non si tratti di mais è evidente dall'avere dei "chicchi multicolori". E' quindi solo una delle tante volte in cui Stephenson usa un termine tutto sommato generico per indicare qualcosa che è simile ma non uguale alla nostra controparte. Usa anche il neologismo piuttosto trasparente di "podbean", che la traduttrice non riesce a rendere in italiano in modo analogo e lascia, in modo orrendo, nella versione originale. Tutto il romanzo è fatto in questo modo, e qualche volta la traduzione è molto felice nelle scelte e qualche volta no. Ma ci sono anche errori veri e propri, come "nitrogen", che è l'azoto, tradotto come "idrogeno", e non è certo una svista inconsapevole, un refuso sfuggito involontariamente, perchè il contesto avrebbe dovuto rendere evidente l'errore, dato che è una ben conosciuta tecnica di coltura alternare i cereali, che hanno bisogno di azoto, alle leguminose, che fissano l'azoto atmosferico nel terreno. Stephenson poi qui fa "scoprire" una vecchia tecnica usata nel Messico in cui mais e leguminose venivano effettivamente coltivate insieme, con il mais a fare da sostegno al rampicante. E' effettivamente un romanzo in cui ogni brano può richiedere conoscenze scientifiche ad ampio spettro, difficile da gestire per un traduttore normale.
A parte questi errori e difficoltà di traduzione, che sono sicuramente sgradevoli, il romanzo rimane un affresco superbo di un mondo parallelo al nostro, su cui la vita si è sviluppata in modo solo infinitesitamente diverso, e in cui la storia documentata copre diversi millenni, durante i quali è successo quasi di tutto e in cui si è trovato il modo di evitare ulteriori disastri separando fisicamente gli individui dediti allo studio e allo sviluppo delle idee da quelli che potevano mettere in pratica queste idee stesse. I theori separati dai prassici, in uno dei linguaggi di Arbre. Chiusi nei loro conversi quasi autosufficienti, che si aprono alla comunità esterna solo per una settimana ogni dieci, o cento, o mille anni, a secondo della loro categoria, con una vita regolata da obblighi rituali e privati di ogni tecnologia moderna, gli studiosi sono allo stesso tempo isolati e protetti dalle frequenti fobie della popolazione comune, anche se, nei millenni passati, per tre volte i conversi sono stati invasi e distrutti, e ogni volta questo aveva rappresentato un momento singolare, da cui un nuovo ordine era nato. L'arrivo nel sistema solare di Arbre di una gigantesca astronave aliena sconvolge questo equilibrio, e rappresenta anche un modo per verificare la correttezza di tante speculazioni che erano solo teoriche sulla natura dell'universo e l'influenza della coscienza sul tempo stesso. Non voglio dire di più perchè non è mai stata mia intenzione fare dei riassunti delle trame dei romanzi di cui raccomando la lettura.
Anathem contiene lunghi dialoghi in cui si dibattono le questioni profonde che sono alla base della conoscenza, le conseguenze dei principi della meccanica quantistica sull'oggettività del mondo, e molto altro. Non può essere una lettura gradevole per tutti, e forse Stephenson avrebbe potuto trovare il modo di ridurre queste parti senza perderne il significato, ma per me va bene così come è, e forse avrei preferito qualche pagina in più, cosa che evidentemente non è solo un'esigenza mia, dato che nell'edizione elettronica in inglese che possiedo, ma non nell'edizione cartacea italiana, esistono delle appendici dedicate all'approfondimento di alcuni aspetti filosofici nella forma di discussioni in riunioni dedicate (calca).
Lo sforzo intellettuale che la stesura di questo libro ha comportato deve essere stata enorme, e solo una persona come Neal Stephenson poteva riuscire a farlo con un risultato che sicuramente non è perfetto, ma è estremamente soddisfacente. Dopo un fantasy storico-scientifico come il
Ciclo Barocco, ora abbiamo anche una splendida fantascienza scientifico-filosofica che credo meriti di essere riletta con attenzione, perchè sono sicuro nasconda ancora molte gemme facilmente sfuggenti alla prima lettura.

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