Lois McMaster Bujold

La Criocamera di Vorkosigan

ed Urania 2012 (Cryoburn - 2010)

Come funziona la prima franchise della vita eterna? È molto semplice, in teoria: i morti recenti vengono infilati nella criocamera e congelati fino al risveglio programmato, quando la tecnologia li resusciterà. Ma l'invenzione - che gli abitanti del pianeta New Hope Il, soprannominato Kibou-daini, intendono commercializzare in tutta la galassia - insospettisce l'Ispettore Imperiale Miles Vorkosigan. Infatti, se tutti pretendessero di vivere all'infinito, qualcosa nel "turnismo dell'esistenza" prima o poi s'incepperebbe. Vorkosigan ha ragione: su New Hope ci sono grossi problemi, e la camera della vita rischia di suscitare un eccidio sul mondo stesso che l'ha brevettata.

E' una sorpresa piacevole ritrovare, dopo tanti anni, un nuovo romanzo di Miles Vorkosigan, ed è una sorpresa ancora maggiore scoprire che non è poi nemmeno tanto male. Il timore che ormai tutto quello che si poteva spremere da questa ambientazione fosse stata ormai spremuta era molto forte, e gli ultimi romanzi apparsi ormai da tempo sembravano mostrare i limiti che il doversi mantenere coerenti con una vicenda diventata molto lunga venivano posti alla fantasia dell'autice, forse anche un poco stanca di questa vicenda. Diciamo che ci si poteva aspettare un romanzo "obbligato", dalle richieste degli affezionati, dal non voler lasciare cadere nel nulla la saga che ti ha reso famosa, dalle richieste degli editor, e quindi anche un romanzo molto "minore". Non sono in grado di negare che molte di queste ragioni possano essere effettivamente dietro alla scrittura di questo romanzo, ma posso dire che il risultato non è affatto "minore". Non è un capolavoro, e nell'insieme della saga credo occupi uno degli ultimi posti in fatto di qualità, ma per me è stata comunque una sorpresa positiva.
Dal punto di vista narrativo ha anche molti difetti, ma non molto di più dei suoi predecessori, solo che questa volta sono decisamente più evidenti, non mascherati da una trama spumeggiante, da una serie quasi infinita di trovate, come eravamo abituati in precedenza. Questa volta Miles sembra quasi una persona normale, anche se è in grado di trovare il bandolo della matassa ancora una volta. Ma non è chiaro perchè ci riesca, e la presenza del suo "alter ego" che gioca un ruolo essenziale è poco giustificata, sembra quasi un'escamotage per risolvere la situazione, mentre invece si possono intravvedere ragioni complesse che però non vengono mai chiaramente evidenziate.
Il tema di fondo che viene discusso, cioè la possibilità di evitare la morte definitiva attraverso un sistema di criogenia conservativa, gioca sì un ruolo essenziale, ma è forse meno "sentito" del solito, come se fosse una costruzione forzata, fatta per trovare una motivazione di base per poter imbastire la storia. E' possibile che sia solo la mia lettura a vedere questi problemi, forse proprio perchè temevo un prodotto di bassa qualità, ma onestamente questa è stata la mia sensazione.
Tutto sommato, come ho detto prima, ne ho tratto una lettura soddisfacente, una sorpresa positiva perchè inaspettata, ma credo che se la
Bujold vuole continuare la storia di Miles Vorkosigan deve fare uno sforzo di fantasia maggiore.
Il finale è in ogni caso di un livello emotivo superiore. Non dico che possa compensare i tanti difetti del romanzo, ma mi ha lasciato alla fine della lettura con una sensazione positiva, di soddisfazione e di rammarico. Ho letto che qualcuno ritiene questo finale come l'apertura di una fase completamente nuova nella vita di Miles Vorkosigan, e quindi di nuovi bei romanzi. Speriamo.

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