Greg Bear

Sfida all'Eternità

ed. Nord 1989 (Eternity - 1988)

Greg Bear aveva scritto con Eon un romanzo che può essere considerato uno dei vertici della narrativa di fantascienza degli anni '80. Per il ritmo incalzante dell'azione e per la grandiosità dei concetti e dei temi sviluppati, Eon aveva suscitato unanimi consensi presso la critica ed il pubblico più vasto; il Times l'aveva definito "un libro dalla prospettiva straordinaria e dal supremo controllo narrativo", mentre secondo l'Observer il romanzo aveva "catapultato Bear nel ruolo di capofila della fantascienza degli ultimi decenni", e ancora il Washington Post l'aveva giudicato "probabilmente l'epica di fantascienza hard meglio costruita tra quelle apparse fino ad oggi".
Ora, con Sfida all'Eternità, Bear ha conseguito un risultato sensazionale: ha scritto un seguito a Eon che per la portata e per la ricchezza delle idee supera addirittura il precedente, dove il tema centrale è nientemeno che la creazione di un Universo.
Un grande appuntamento per tutti i lettori.

Al di là dei toni sempre esagerati delle presentazioni in quarta di copertina, si tratta effettivamente di un seguito che non delude, sia come tematica che come tensione narrativa, ed essendo il seguito di un romanzo complesso come Eon, già difficile da controllare narrativamente di per se stesso, rappresenta sicuramente un'impresa non da poco.
Bear, di cui avevo anche presentato L'Ultimatum e Il Pianeta della Vendetta, riprende la storia dopo poco tempo dalla conclusione di Eon, senza quasi discontinuità. Si tratta quindi di un vero e proprio seguito, in cui si sviluppano eventi e personaggi già presenti nel romanzo precedente, rendendone assolutamente necessaria la lettura preventiva.
Non essendo ormai più una novità il concetto stesso della
Strada che si sviluppa senza praticamente fine e che permette di passare ad universi diversi, e che d'altra parte svolge un ruolo molto secondario in questo secondo romanzo, tra i tanti temi trattati mi sento di privilegiarne due.
Il primo è il tema della possibile immortalità, di una possibilità di generare molte copie di se stesso, di potersi rifugiare in una forma solo elettronica nella grande memoria collettiva, ma non disponibile però per tutti gli abitanti della Terra in ricostruzione dopo la Morte nucleare, e quindi il problema delle relazioni tra chi accetta un privilegio per l'ansia di continuare la propria vita e la propria attività che ritiene troppo importante per essere fermata dalla vecchiaia e dalla morte e chi invece rifiuta di non invecchiare rispetto a tanti altri con cui è in contatto. Intorno a questo argomento fondamentale si avvolgono problemi correlati, come la possibilità di accesso a una registrazione della memoria e della personalità utilizzabile in caso di incidente, la sensazione di comunità locale, con un obiettivo comune, in presenza della possibilità di accesso a una sequenza infinita di mondi. Riassumendo forse troppo brutalmente, il contrasto tra l'umanità tradizionale, legata ad un tempo ed ad un luogo, a persone e ad abitudini, in contrasto con la possibilità di una prospettiva di vita infinita, di integrazione uomo macchina, di una esistenza anche immateriale e intellettualmente senza limiti.
Il secondo aspetto che vorrei sottolineare è l'interazione con una razza aliena. Nemico feroce ma sconosciuto in Eon, diventa qui un avversario temibile, più forte di quanto si potesse pensare, ma, al di là delle difficoltà di comprensione, di logica di base, alla fine si dimostra un alleato insperato e risolutivo. La descrizione dei passi necessari per arrivare alla reciproca comprensione, tutto all'interno delle capacità intellettuali di un singolo individuo umano, sono un aspetto che ritengo molto positivo di questo romanzo.
Invece la parte molto ampia dedicata alla storia della nipote di
Patricia Vasquez, personaggio centrale di Eon, e delle sue vicissitudini in una Terra parallela sembra più una scusa per descrivere una possibile storia alternativa, in cui Alessandro Magno non muore troppo giovane, e quindi il suo impero diventa una società omogenea e potente, che un elemento della storia principale. Capisco anche la necessità di dare una conclusione alla storia di Patricia, e il risultato è una storia gradevole, ben strutturata, ma del tutto indipendente dal resto.
Il finale è anche eccessivamente "buonista", con l'umanità "della fine del tempo" che offre ad ognuno la soluzione di vita più adatta, risolve tutti i problemi "e vissero tutti felici e contenti".
Un finale non all'altezza del romanzo stesso.

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