Michael Moorcock

Elric di Melniboné
Elric il Negromante

ed. Nord 1978 (Elric of Melniboné, The Sailor of the Saes of Fate, The Weird of the White Wolf - 1967, 1970, 1972, 1976)
ed. Nord 1979 (The Vanishing Tower, The Bane of the Black Sword, Stormbringer - 1963, 1965, 1967, 1970, 1977)

Elric il Negromante è un eroe atipico nel campo dell'heroic fantasy, diverso dai soliti superuomini barbari, alti rozzi, possenti. Elric è invece un debole albino, civilizzato, principe di un impero in via di dissoluzione. La sua forza,che all'inizio gli è data da speciali pozioni magiche, gli verrà in seguito trasmessa dalla sua spada fatata, Stormbringer, che uccide e poi sugge le anime delle sue vittime. Ma oltre che di forza, Stormbringer è portatrice di un destino cupo e funesto. Elric, oppresso e trascinato da un fato a lui superiore, vaga per un mondo popolato di spettri e stregoni maligni, alla ricerca di una vera identità e di uno scopo per la sua vita. La sua lotta con il cugino Yyrkoon per il dominio di Melnibonè e per il possesso della bellissima Cimoril (la sorella di Yyrkoon), la difesa di Imrryr dall'assalto dei Giovani Regni barbari, la ricerca del mitico Libro del Dio Morto sono soltanto alcune delle affascinanti avventure che compongono questo originalissimo ciclo che rimane una pietra miliare dell'evoluzione dell'heroic fantasy.

Elric, oppresso e trascinato da un desrino superiore, continua le sue peregrinazioni in un mondo popolato di spettri ed incubi, alla ricerca della sua vera identità e di uno scopo per la sua vita. Imrryr, la Bella, la Città Sognante; Yyrkoon, l'odiato usurpatore del suo trono; Cimoril, l'amata cugina... tutti sono caduti sotto la furia ed il potere alieno di Elric e della sua insaziabile spada Stormbringer, terribile portatrice di morte e sventura. Ma è scritto che Elric non debba avere pace e riposo, e così eccolo a lottare, assieme al fido Maldiluna, il piccolo orientale dalla fulva criniera, contro incantatori maligni, mostruose creature del Caos, orde barbariche dalla pelle dorata, finchè non arriverà il tempo del Ragnarok, del grande crepuscolo degli Dei, quando i fragili equilibri tra le forze della Legge e quelle del Caos verranno infranti ed il destino dell'Uomo e degli stessi Dei verrà forgiato dal tenebroso martello del Fato.
La ragione di questa presentazione, che è in fin dei conti un invito alla lettura, ha molteplici aspetti, che spero di riuscire a illustrare efficacemente.
Devo incominciare col dire che l'heroic fantasy non mi è mai piaciuta molto, ed a questa sensazione devo l'essere stato lontano dalla fantasy, tutta, per molto tempo, durante il quale ho occasionalmente letto qualcosa di questo genere, come la saga di Elric l'albino, ma senza mai rimanerne soddisfatto. La differenza non l'ha fatta Tolkien, le cui prime cento pagine de Il Signore degli Anelli rappresentano un ostacolo che richiede una forza enorme per essere superato, ma bensì Eddings con il ciclo dei Belgariad e Turtledove con La Legione Perduta.
Perchè allora parlo di questi romanzi e non invece Eddings di cui ho presentato solo un romanzo secondario e non del tutto convincente?
Perchè per parlare seriamente di Eddings mi devo rileggere una decina di romanzi, molti dei quali li ho in edizione originale americana, e quindi ho bisogno di molto tempo. Anche questi di Elric ho dovuto rileggerli, ma a parte che sono più brevi, incredibilmente me li ricordavo con maggiore precisione. Un altro motivo per parlare di questi vecchi romanzi, in una edizione che è già una rielaborazione di Moorcock, che li ha riassemblati in un ordine cronologico aggiungendo parti per rendere più omogeneo il tutto, è che si è appena conclusa una ristampa, divisa questa volta in quattro volumetti con due romanzi ognuno. Questa ultima ristampa di Fanucci è ancora in libreria, e sugli scaffali è affiancata alla tonnellata di romanzi fantasy derivati dai giochi di ruolo, ripetitivi e senza fine, in cui l'unica cosa curata è l'ambientazione, il mondo costruito una volta per tutte, dove si muovono personaggi senza spessore, tirati con lo stampino, in continue ripetizioni delle stesse poche situazioni. Qualcosa che solo chi non è abituato a cercare nei romanzi qualcosa di più di una struttura narrativa semplice e un poco di azione può riuscire a sopportare.
Rispetto a questa massa illeggibile, anche questi romanzi di quasi quaranta anni fa fanno la loro figura. Lo stile è quello della vecchia heroic fantasy, alla Conan, per intenderci, ma le storie, anche se non sempre particolarmente originali, hanno un certo spessore e hanno rappresentato una novità alla loro apparizione. La narrazione avviene a sussulti, con parti descrittive lente alternate ad azioni veloci, anche troppo. Il frasario abbonda di termini misteriosi che hanno più importanza evocativa che un vero significato logico. Sono inoltre storie brevi, adatte alle riviste su cui comparivano, e la loro raccolta in volume non ne ha cambiato troppo la struttura. Ora sono sicuramente più un argomento di studio per chi volesse seguire l'evoluzione del genere, ma Moorcock è stato un innovatore a suo tempo, e riesce ancora a tenere testa alla produzione di massa di oggi, in cui invece non è la quantità di pagine che manca, ma le idee e lo stile.
Se andiamo però a confrontare Elric con i romanzi di fantasy più seri che sono apparsi negli ultimi anni, ci rendiamo conto di quanta strada abbia fatto questo genere, sia in termine di qualità di scrittura che di profondità di analisi delle situazioni, di attenzione alle emozioni dei personaggi, resi ormai delle persone complete e non solo stereotipi a due dimensioni.
Non sto parlando solo di Martin o della Bujold, di cui ho parlato recentemente e che scrivono da tempo, ma la fantasy storico-scientifica di Stephenson, o quella ancora da scoprire di Rothfuss, e di molti altri. Forse per capire ancora meglio il salto di qualità che è stato fatto, conviene rileggere queste storie di tanti anni fa, in cui tra l'altro si possono trovare tutti i temi che vengono ripetuti all'infinito nel tanto ciarpame che costituisce il grosso della fantasy odierna.

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